“Nido di Vespa” – Aliens meets Warhammer 40K

Just Another Bug Hunt

Un racconto che ho scritto tanti, tanti anni fa. E’ tutto molto clichè, a tratti molto ingenuo, ma mi piace ancora parecchio.

Si noti che molte parti non sono affatto canoniche secondo quello che è il background di WH40K, nè quello attuale nè quello di quando il racconto è stato scritto. Diciamo che quella del 40K è la struttura portante per un racconto che ha come altra ispirazione principale Aliens, ma resta comunque personale. Scrolla le spalle e vai avanti con la lettura, amico mio.

 

 

 

 

Nido di Vespa

I

Dolore. La strada che gli si parava innanzi, la stessa strada che stava tranquillamente percorrendo fino a pochi secondi prima, era in preda a selvagge mutazioni. La luce azzurrina delle tre lune che la illuminava, chiara e serena, non era altro che un ricordo, sostituita da una grottesca parodia di sè stessa, rossa come se l’intero campo visivo fosse inondato dal sangue di chissà quale straziato titano in volo.

Un’esplosione di fuoco sembrò squarciargli il viso, partendo dal mento e correndo lungo linee invisibili all’interno del cranio, la sua destinazione il cervello. Era a terra. Da un momento all’altro si aspettava di vedere il suo aguzzino, il terrore della cui vista si faceva strada rapido tra le ombre di dolore e morte che già gli annebbiavano la mente.

Dopo pochi minuti, che gli sembrarono un’eternità di follia delirante, la forma tanto agognata quanto temuta apparve vicino al luogo dove giaceva riverso, in mezzo a un serpente vermiglio e butterato che poco prima avrebbe chiamato strada, ma che ora era più simile ad una carcassa che ad un’opera dell’uomo.

La vista della creatura gli procurò una sorta di piacere morboso, tanta era la curiosità di vedere il sembiante di ciò che lo aveva portato a quella sofferenza, e tanta era la voglia che vi ponesse infine termine.

Con passi strisciati e pesanti, l’essere avanzava, lento, quasi solenne, e mentre accorciava la distanza che li separava, cambiava forma, colore, dimensioni…quasi si rifiutasse di mantenere il proprio aspetto per più di pochi secondi.

Quello che inizialmente sembrava un enorme insetto, una mantide verde brillante, ben presto mutò…fauci crudeli nel petto e deformi occhi senza vita nelle giunture degli arti, orribili stridori provenienti da invisibili corde vocali. Pochi attimi ed ecco, dopo essersi liquefatta in una pozza di ribollente carne liquida e ripresa una forma difficilmente comprensibile alla mente umana, ella stava eretta a pochi passi dal suo corpo riverso, chissà quali sofferenze in serbo per lui.

Diavolo Chuck, che cazzo ci fai lì per terra?!?”

La voce proveniva dalla creatura, ma qualcosa non quadrava. Perchè non sferrava il colpo mortale, perchè non poneva termine alla sua agonia…perchè?

Ti vuoi alzare dannazione? Devi pagare il conto.”

Nella sua mente era il caos. La voce era quella di Al, suo commilitone nella divisione di Cataciani, eppure sembrava filtrata, ovattata in qualche modo.

Per Dio, hai esagerato un’altra volta…scommetto che non toccherai più volkarn per un bel pò” – esplose in una risata beffarda – “Andiamo, ti trascino in caserma.”

 

 

 

II

L’installazione Imperiale era quasi deserta, eccezion fatta per le poche sentinelle che facevano ronda lungo il perimetro difensivo.

Il piccolo insediamento militare, eretto a circa un chilometro dal limitare della grande giungla di Anmyr, non era certo un punto strategico di rilevanza, composto com’era di pochi edifici senza particolari specifiche tecnologiche e popolato da un esiguo numero di soldati della Guardia Imperiale dei reparti Cataciani.

Trascinando il suo compagno verso i dormitori, Mondera ripensava al periodo di servizio fin’ora trascorso su quella palla di terra coperta di giungla che doveva difendere e che qualche burocrate sulla Terra aveva il coraggio di chiamare “pianeta abitabile”. Così come pensava a quello che aveva finora fatto in questo lasso di tempo: niente. La vita era tremendamente monotona su quel pianetucolo, le battaglie peggiori che aveva dovuto affrontare erano state quelle contro le zanzare e i postumi delle sbornie prese con i vari liquori di produzione dei coloni – che tra l’altro, oltre a non essere un gran chè, potevano avere effetti allucinogeni.

Diavolo, mi sono arruolato per prendere a calci qualche fottuto alieno, non per guardare un branco di stupidi coloni mentre trivellano una cava” ripeteva spesso fra sè e sè, ed il suo rozzo pensiero era condiviso dalla quasi totalità dei suoi commilitoni.

Non si premurò neppure, passando davanti alla guardiola posta all’apertura del perimetro, di fare un cenno al soldato di guardia, il quale d’altra parte non si premurò di distogliere gli occhi dallo schermo che aveva di fronte : la sua partita aveva ben più importanza di qualche soldato che tornava ubriaco dalla libera uscita.

La vista di Mondera spaziava in quello che era un tipico avamposto imperiale di piccole dimensioni: alcuni modesti edifici adibiti a dormitori e refettorio, grigi e squadrati come grandi bunker disinterrati, disposti ordinatamente intorno al Centro di Comando e alle Comunicazioni, rispettivamente un edificio simile ai dormitori, di base minore ma strutturato su due piani, e una piccola torre pentagonale sul cui tetto era disposta una vistosa parabola. Completavano la base alcuni magazzini di rifornimenti, gli alloggi degli ufficiali e l’ingresso all’armeria sotterranea, tutti al di là di quanto potesse riuscire a scorgere in quel momento.

Si fermò un attimo. Era una bella sera, l’aria tersa e limpida ed il mondo avvolto nel leggero pallore della luce lunare. Una piacevole brezza spirava da est. Girò la testa da una parte all’altra, godendo della vista e respirando a pieni polmoni l’aria per una volta leggera e povera d’umidità. La torretta che aveva alla sua destra si ergeva come la stoica statua di guerriero a guardia dell’entrata di chissà quale caverna del tesoro : Grigia, immobile e imperscrutabile, eppure circondata da un aura di teso timore. L’unico particolare che turbava la monoliticità della struttura era lo scintillante riflesso della luna sulla canna del mitragliatore Requiem che spuntava leggermente dall’apertura orizzontale in cima alla torre.

Amava quell’arma, la sua forma squadrata e la sua robustezza, la sua livrea nera e rossa, il forte rinculo e l’assordante frastuono che produceva quando sparava, il suo carico di mortali proiettili esplosivi. Eppure in quel momento non vi fece caso, pensava invece alla bellezza che in fondo poteva avere quel pianeta illuminato dalle sue tre lune, e a come, a volte, fosse bella la pace.

Coltosi in questi pensieri scosse la testa e riprese a camminare velocemente, estraendo dalla tasca dei pantaloni delle arachidi e frantumandole con la forza del suo pugno chiuso. “Non sono una fighetta, mi piace distruggere, altro che pace” disse a se stesso ad alta voce, buttando a terra con forza i frammenti dei poveri frutti secchi, fiero di aver dimostrato a sè stesso che era ancora un uomo…

Poco tempo dopo era a letto, fissando le molle della branda sovrastante la sua, perso nei suoi pensieri. Si chiedeva se tutto questo sarebbe durato per sempre o se prima o poi qualcosa sarebbe cambiato.

 

 

 

III

Stavolta è qualcosa di grosso”. Erano passati solo pochi minuti da quando l’addetto alle comunicazioni era uscito dal suo ufficio, ed il tenente Cole non aveva ancora fatto in tempo a rilassarsi con un sigaro, come faceva solitamente dopo qualche comunicazione dal comando centrale. Anzi, questa volta apparve quella ruga sulla sua fronte che in passato era stata presagio di faticosi incarichi.

Molti dei giovani soldati al suo comando non sapevano molto della guerra, quella vera, quella che si cela dietro la gloria e l’onore…lui sì. Sebbene non fosse affatto uno dei grandi eroi della Guardia venerati in tutta la galassia, non poteva certo dirsi una matricola. Era un veterano ben rodato, ed il suo braccio bionico, prima ancora del suo incarico nell’avamposto, lo dimostravano.

Stavolta è qualcosa di grosso” – ripetè ancora fra sè, facendo fuoriuscire le parole con un tono più lento e riflessivo, ed annuendo leggermente con la testa, lo sguardo perso in un punto imprecisato verso la foresta – “Ma cosa c’è sotto? D’accordo, è un Hulk, ma la mobilitazione dell’intero emisfero! Non possono semplicemente abbatterlo con le difese planetarie? O con una corazzata imperiale?”

No Raynold”

Il robusto militare si girò di scatto verso una zona d’ombra della sua stanza al piano alto del centro di comando. Era chiaro che non si aspettava qualcuno nella stanza e tantomeno quel qualcuno. Facendo pochi passi, la figura ammantata d’ombra entrò nella zona illuminata dal basso neon pendente dal soffitto. Era un uomo alto e secco, vestito in modo anacronistico…una tunica ingiallita nascondeva le sue fattezze dal collo in giù, lasciando visibile solo un volto scavato. Cole rabbrividì guardando le sue orbite oculari vuote e bruciate, cercando tuttavia di mascherare la cosa.

Astropate Marzius, a cosa devo l’onore?”

Lo psyker studiò attentamente la reazione dell’uomo pregustando l’effetto di quello che stava per rivelargli.

Ho degli ordini per te e per gli uomini di cui sei al comando”- cominciò con voce pacata e solenne – “ma prima ” – e passò ad un tono più confidenziale – “potrei rispondere alle tue domande di pochi istanti fa..”

Un sorriso scheletrico si dipinse sulla faccia dell’astropate, mentre Cole si sentiva piuttosto infastidito dal comportamento del suo interlocutore, anche se il timore reverenziale che aveva nei suoi confronti gli impedì di profferir parola. Al contrario, si affrettò a cancellare quelle sensazioni dalla mente prima che lo psyker potesse percepirle, e si concentrò sull’ascolto.

Sì, possono abbattere l’Hulk con le difese planetarie, e sì, potrebbero addirittura chiamare alcune navi Imperiali per lo scopo, anche se francamente ritengo una Corazzata eccessiva per le dimensioni del relitto in questione. Il punto è che non vogliono. I tecnopreti di Marte ritengono che in questo Hulk, nonostante le sue dimensioni relativamente ridotte, possano trovarsi preziosi artefatti, forse addirittura conoscenze risalenti all’ Oscura Era della Tecnologia. Ovviamente dobbiamo salirvi a bordo ed ispezionarlo.”

E questo immagino giustifichi la mobilitazione dell’emisfero”- replicò Cole con tono accondiscente.

Sì, ma come ti stai domandando in questo momento, non giustifica la presenza dell’unico astropate del pianeta nel tuo ufficio. Risponderò anche a questo, considerato che la risposta è strettamente legata a ciò che avevo da dirti in origine. Ho atteso che l’addetto alle comunicazioni ti recapitasse gli ordini generali per non coglierti del tutto impreparato…ed inoltre..”- un leggero ghigno gli incurvò le sue labbra secche e sottili – “ho atteso che ti perdessi nei tuoi pensieri. Sai, non si può mai essere troppo sicuri. L’eresia si può nascondere in chiunque..”

Cole fu irritato dall’insinuazione dell’astropate e questa volta non si risparmiò una replica: “La mia fede nell’Imperatore è forte, e mi ha salvato più di una volta sul campo di battaglia.”

Certo, certo, tutti nei dintorni conoscono i racconti della battaglia su Kreeg. Ottima prova di coraggio e devozione al nostro amato Imperatore Immortale…”

Cole si strofinò leggermente il freddo braccio meccanico con la mano sinistra. Se non fosse stato per la sua fede nell’Imperatore quel braccio sarebbe andato a qualcuno che potesse ancora vantare un corpo.

Tuttavia”- la voce lo fece ritornare al presente dai suoi gloriosi ricordi – “non si può mai essere tranquilli. L’Imperatore ha molti nemici.”

Ma veniamo infine al dunque. La mia presenza qui è richiesta dalla necessità di trasmettere dati chiave direttamente a te. Devo informarti sui dettagli dell’abbordaggio.”

Cole spalancò leggermente gli occhi avendo finalmente capito il perchè della presenza nel suo ufficio di un sottoposto diretto della Terra. Il suo plotone faceva parte del gruppo d’abbordaggio, forse era addirittura la testa di ponte. Si sentiva confuso, combattuto tra onore, paura, prospettive di gloria e ombre di morte. D’altra parte, non era uno Space Marine…

Esatto Raynold, dovrai comandare la testa di ponte per l’abbordaggio. Ed ora ascoltami molto attentamente, il comando della missione sta già definendo i dettagli…”

 

 

 

IV

Il mal di testa che Spencer provava quella mattina gli ricordò con dolorosa puntualità i limiti del suo fisico…o la tossicità del volkarn. I suoi piedi toccarono il freddo acciaio zigrinato del pavimento in ritardo rispetto ai suoi compagni di camerata, anche se non vi fece assolutamente caso, concentrato com’era a raggiungere le docce e a raggelare la sua testa pulsante. Fu solo dopo aver schiarito un pò le idee che si rese conto che qualcosa non stava andando esattamente come al solito. Nel basso edificio non c’era nessuno all’infuori di lui. Indossò velocemente l’uniforme ed uscì all’aperto. La luce del mattino gli illuminò il volto ed un cielo azzurro e limpido lo accolse al nuovo giono. Non fu che dopo aver contemplato mentalmente la bellezza della giornata che notò cosa stava succedendo. Lo spiazzo erboso che separava il perimetro dal dormitorio era tutto un formicolare di soldati. Numerosi veicoli da trasporto e Chimera venivano messi in riga e caricati con svariati generi di approvvigionamento militare. Molte delle casse contenevano munizioni, e ciò gli piacque molto. L’idea che forse per una volta ci sarebbe stato qualcosa da uccidere lo elettrizzò e lo fece scattare alla ricerca del suo plotone, assetato di notizie riguardo a quanto stava accadendo. Rimase fermo spaziando con lo sguardo da una parte all’altra della radura in cerca del viso noto di qualche suo compagno, aspettandosi di vederli spuntare dai portelloni dei corazzati o carichi di armi di supporto o casse di proiettili.

“Scommetto che Belladonna si sta divertendo un mondo” pensò, lasciando che un sorrisetto sghembo gli muovesse le labbra all’immagine dell’enorme commilitone che trasportava gongolante un altrettanto enorme Lascannon. Infine, constatata la mancanza dei suoi compagni vicino ai trasporta truppe, si decise ad andarli a cercare altrove. Imboccò rapidamente lo stretto passaggio che separava il suo dormitorio dal 4-b, che altro non era che una viuzza di un metro di larghezza foderata di erba calpestata. L’improvviso mascheramento del caldo sole mattutino lo fece rabbrividire, incoraggiandolo ad aumentare il passo. Dopo circa dieci minuti di vagabondaggio attraverso gli angusti passaggi della base riuscì a trovare i suoi compagni. Erano in piedi davanti al centro di comando, e al vederlo sembrarono sollevati e, nel contempo, piuttosto irritati.

Imbecille, la prossima volta non ti copro! E’ mezz’ora che stiamo qui, impalati come ribelli.”

Limitandosi a qualche scusa svogliata, Spencer focalizzò subito l’attenzione su ciò che gli interessava maggiormente in quel momento. Non gli era sfugito affatto il particolare che il suo plotone era l’unico ad essere davanti al centro di comando. Mentre tempestava di domande i suoi amici, il sergente lo zittì seccamente: avrebbe avuto spiegazioni a tempo debito. La sua faccia dura e tesa, unita al mancato rimprovero per il ritardo, suggerirono a Spencer che non stava succedendo niente di buono…o per lo meno di tranquillo.

Pochi minuti dopo ricevettero l’ordine di entrare. Si trovavano in una stanza fortemente illuminata, lunga e piena di sedie. Ad una estremità erano poste una cattedra e una lavagna. Era la stanza dei briefing. La prima cosa che balenò in mente a Spencer fu che era strano convocare un intero plotone ad un brief, e che c’era qualcosa sotto.

Sarò breve”.

Il comandante della base, Raynold Cole, cominciò a parlare mentre ancora non era arrivato al suo posto microfonato. Non che serviessero i microfoni, a dire il vero : il comandante aveva una voce forte e imperiosa.

Non è necessario che conosciate tutti i dettagli della vostra missione ora, nè tantomeno tutto quello che sta succedendo nei particolari.”

Il tono della sua voce tradiva tensione e fretta.

Un Hulk si sta avvicinando al pianeta. E’ piccolo ma potrebbe essere pieno di conoscenze, quindi non possiamo distruggerlo prima di averlo esplorato. Ovviamente” – e sulla sua fronte si scavò una lunga ruga – “non sapendo da dove viene, potrebbe essere occupato da nemici. Orki magari.” Fece una pausa, e il suo sguardo si perse per un istante, “o forse altro.”

Si riprese velocemente, ritornando alla consueta espressione che caratterizzava il suo viso di comandante. “La Compagnia di questa base è stata scelta come testa di ponte dello sbarco.”

La notizia, detta così a bruciapelo, lasciò un attimo interdetti i soldati. Una volta ripresi, sorrisetti e ammiccamenti eccitati presero il posto delle gravi espressioni che ammantavano i loro visi poco prima.

Notando la cosa, Cole aggiunse socchiudendo le labbra in un sorriso quasi sadico

Non solo. Voi sarete la prima squadra a sbarcare”.

 

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I preparitivi erano conclusi nella base ormai da alcune ore, quando le navette da trasporto orbitale della Infallibile cominciarono ad atterrare poco distante dal perimetro della base. In pochi minuti i Chimera, stracarichi di personale, soldati ed equipaggiamenti, erano passati dallo slittare sul terreno leggermente fangoso a mordere l’acciaio delle passerelle dei trasporti orbitali. Quando anche l’ultimo portellone fu chiuso, gli enormi mezzi diedero potenza ai loro propulsori nucleari e si alzarono in volo. Il frastuono provocato dalle crudeli turbine a folle velocità costrinse i pochi soldati rimasti di guardia nella base a tapparsi le orecchie sotto gli elmetti, maledicendo mentalmente tutto ciò su cui posavano il pensiero…tranne l’Imperatore, ovviamente. Il loro umore era pessimo, dato che non avrebbero potuto partecipare al massacro. Ovviamente non li sfiorava minimamente il dubbio su chi sarebbe stato protagonista di quel massacro…

Dentro uno dei mezzi assicurati nella grande stiva del primo trasporto, Spencer, Mondera, Belladonna ed il resto del plotone si scambiavano battute volgari o facevamo scommesse su chi avrebbe inchiodato più alieni a terra col fucile laser, esaltati dalla missione che li aspettava. Qualcuno cominciò ad intonare una canzonaccia, ripresa a gran voce da tutti i presenti meno che da uno. Il comandante Cole era salito con loro, dato che erano la pedina fondamentale dello sbarco, oltre che la più esposta a perdite.

Basta!” la sua voce tonate risuonò nel Chimera. “Finitela di fare casino e concentratevi sulla missione.”

Ma comandante, vogliamo che quegli alienacci lassù ci sentano arrivare e si cachino un pò sotto!”. Rise spavaldo, accompagnato da un coro di risatine di approvazione. Presto però si zittì. Aveva gli occhi di Cole fissi nei suoi, con una luce così fredda e minacciosa che si sentì raggelare. “Prega l’Imperatore che non ci sia nessuno che possa sentirti.”

 

 

 

V

Il ponte dell’Infallibile era sede di un’attività febbrile. Sui luminosi schermi verdi lampeggiavano di continuo le immagini più disparate riprese dai numerosissimi sistemi sonda di cui la nave disponeva. Schemi planimetrici, spettrali linee verdi brillante che segnavano gli intricati corridoi dell’Hulk, balenavano velocemente tracciando l’intera mappa dell’inquietante relitto spaziale, alternati prevalentemente a fotografie esterne della struttura stessa dell’Hulk, come supporto empirico alle scheletriche linee stilizzate. Numerosi assistenti della nave erano al lavoro su quell’ammontare di dati, le pallide faccie tese nella concentrazione assumevano un’aspetto quasi alieno illuminate dalla luce verdina degli imponenti schermi. Il loro operato era mirato a dare un quadro quanto più completo possibile dell’interno della giganteggiante struttura affinchè fosse possibile elaborare un’efficace strategia di abbordaggio.

Il Capitano Barnyon, coordinatore delle operazioni, stava in piedi al centro della stanza di comando, sul primo ponte della nave. Osservava compiaciuto la zelante attività dei suoi sottoposti e Cole, in piedi vicino a lui, poteva leggere chiaramente sul suo viso la soddisfazione per la sua futura ricompensa. Evidentemente non era molto preoccupato riguardo agli occupanti dell’Hulk, probabilmente lo riteneva addirittura vuoto, pensò. Al contrario, il ritrovamento delle preziose conoscenze gli avrebbe assicurato notevole prestigio. Tutta questa baldanza e questa fiducia nella buona sorte non era vista di buon occhio da Cole, il quale aveva lasciato le belle speranze su Kreeg insieme al suo braccio, ed ora vedeva la vita sotto una luce più realisticamente cinica.

Perso in questi pensieri, aspettava la fine dei resoconti delle emissioni radioattive rilasciate per l’ultima analisi confermativa dell’Hulk. Una volta completata l’analisi ci sarebbe stato il consiglio di guerra e sarebbero stati stabiliti i piani d’attacco. Era evidente che Barnyon avesse già escogitato un piano basandosi sulle precedenti analisi parziali, ma ciò non fu di fastidio per Cole, dato che sicuramente Barnyon non era un incompetente se aveva raggiunto una carica così elevata nella flotta da prendere il comando di una missione così delicata.

Dietro Cole, che continuava a perdersi nei meandri dei suoi pensieri mentre non era in attività, sedevano due figure. Stavano ferme, ammantate nelle loro tuniche antiquate, apparentemente appena coscienti di ciò che li stava accadendo intorno. Uno di questi due uomini era Marzius, l’astropate di stanza su Istv-IV, colui che aveva informato Cole per primo della sua missione solo due sere prima. L’altra persona Cole non la conosceva, ma doveva sicuramente appartenere alla stessa casta di psyker messaggeri, a giudicare dall’abbigliamento del tutto simile a quello di Marcius e dalle orbite oculari vuote e bruciate. L’ orrenda stigmate era stata provocata dalla trasmissione di parte dell’anima dell’Imperatore nella mente del giovane e promettente psichico naturale, trasmissione necessaria ad asservire un’odiosa mutazione in un dono utile all’Imperatore e indispensabile ai suoi servi. D’altra parte, ogni psyker non addestrato e incanalato non è altro che un mutante, segno del peccato e dell’eresia, e quindi meritevole della morte.. come minimo.

Osservando le due figure, Cole rievocò quello che aveva appreso durante i suoi studi sull’Impero della Terra ed in particolare sull’Astronomican e sul Trono dell’Imperatore. Il Sentiero Dorato, o anche Luce dell’Imperatore, come era chiamato l’Astronomican, era l’unico strumento conosciuto di orientamento nel Warp, e senza di esso i Navigatori non sarebbero in grado di tenere rotte nelle ingannevoli e tumultuose correnti del non-spazio. Il Faro consiste nel coro di 10 000 psyker addestrati, una potentissima energia mentale senza la quale i viaggi nell’Immaterium sarebbero praticamente impossibili, e la struttura stessa dell’Impero sarebbe negata. Lo sforzo mentale tuttavia consuma in pochi mesi il corpo degli psyker, i quali muoiono a centinaia ogni giorno, solo per essere sostituiti da legioni di altri mutati pronti a sacrificarsi. D’altronde, Cole rammentava bene uno dei principi fondamentali dell’Imperium : Servendo l’Imperatore si muore, senza servirLo non si ha diritto a vivere.

Agli psyker che non possiedono la disciplina e l’autcontrollo necessari viene riservata una sorte diversa. Essi vengono eliminati o inviati al Trono d’Oro, la possente struttura che mantiene in vita le povere spoglie mortali dell’Imperatore, ridotto alla mortificazione fisica dopo l’epocale scontro con Horus, il suo figlio più splendido e superbo. Il Trono d’Oro è una possente e complicatissima struttura che strappa l’anima e l’energia vitale dagli psyker più deboli e la trasforma , la redirige,e la assimila all’Imperatore, consentendogli di continuare nella sua miserrima esistenza fisica e nella sua mangificente e gloriosa vita spirituale. Senza l’Imperatore, l’uomo non avrebbe senso. E se pure questo sembra crudele, in effetti è necessario, in quanto ogni psyker che non abbia le capacità di controllare i propri poteri è un pericolo per mondi interi, possibile fonte di  cataclismi generati dalle sue libere energie psichiche o, peggio ancora, portale inconsapevole per i demoni che popolano l’Immaterium. La mente di ogni psyker è un piccolo spazio di fusione delle due dimensioni, e solo l’addestramento ne rende l’usufruizione relativamente sicura.

Rabbrividendo a questi pensieri, Cole fu felice che Barnyon infine lo avesse chiamato, indirizzandolo verso una stanzetta sulla destra. Fiocamente illuminata e dominata nel suo centro da un tavolo-schermo che proiettava una scintillante mappa tattica virtuale, essa sarebbe stata il luogo natale della strategia d’attacco, partorita nelle ore che sarebbero seguite.

 

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La discussione dei piani d’attacco andava anvanti già da alcune ore, e Cole si sentiva sempre meno incline al rispetto per l’autorità. In effetti, parlare di discussione dei piani è sbagliato, in quanto fino ad ora si era trattato dell’esposizione del pensiero di Barnyon senza che fossero ammesse repliche. Ma più che il modo d’esporre, era il “piano” in sè a destare la preoccupata irritazione nell’animo di Cole. Tutto era orientato alla velocità. Era una specie di corsa, una caccia al tesoro il cui premio erano reliquie vecchie di decine di millenni. La cosa che sconcertava il tenente era la mancanza assoluta di piani di sicurezza, era come se Barnyon già sapesse perfettamente che non avrebbero incontrato nessuna resistenza. Se si fosse sbagliato, non solo non avrebbe ottenuto nulla dalla missione, ma, cosa ben peggiore, avrebbe condannato centinaia di soldati. Stolto! La sete di gloria l’ha accecato, e per di più ha fretta di ottenerla! Com’è facile, dal ponte di una corazzata. Chissà se cambierebbe i suoi piani se fosse tra i ragazzi della testa di ponte, armato di un fucilino laser, un carapace d’ordinanza e tutto il suo gonfio e tracotante coraggio d’eroe della marina. Sarebbe certo un monolito di disciplina e valore, l’amato comandante T.G. Barnyon!

La stizza cresceva in lui, e presto non potè più contenersi.

Chiedo scusa.”

In un attimo ebbe tutti gli occhi puntati su di lui. E certo non solo curiosità, ma anche fastidio e irritazione fluivano dalle menti di chi lo stava fissando. Qui, si sta lavorando!

Prego, prego, dica pure tenente, ma faccia in fretta…il tempo stringe!” Il tono di Barnyon tradiva effettivamente una punta di fretta.

Beh, con tutto il rispetto, qusto piano è semplicemente una follia.”

Il lieve vociare che tipicamente si sviluppa in una stanza quando parla qualcuno di poco conto, cedette il passo ad un silenzio piuttosto fondo. Una vena si gonfiò sulla tempia di Barnyon.

Oh sicuro, tenente! Vuole renderci partecipi delle illuminazioni che la portano a dire ciò?”

Beh, è semplice, riverito comandante. Tutto il piano è basato sul concetto della velocità. Bisogna raggiungere gli obiettivi il più in fretta possibile. Sbaglio?”

No. Continui, la prego” Il suo tono era fastidiosamente accondiscendente ed adulatorio.

Beh, questo andrebbe benissimo in una corsa campestre…ma comincerebbe ad essere inadeguato se durante la gara qualcuno cominciasse a sparare sui concorrenti…”

Le sue ricercate metafore sono troppo per questa congrega di ufficiali della Marina e della Guardia Imperiale; la prego, si spieghi meglio.”

Quello che sto cercando di dire è che lei non ha tenuto conto di eventuali ostili all’interno dell’Hulk, e che sta mandando allo sbaraglio gli uomini della Marina e della Gurdia Imperiale. Quindi il piano è una follia.”

Gli astanti si scambiarono più di un’occhiata perplessa ed incuriosita. Sembrava che stessero riflettendo seriamente sulle parole di Cole. Questa nuova messa in discussione della sua autorità e competenza fece irritare ulteriormente Barnyon, che cominciò a decantare con voce tonante e inalberata le qualità d’addestramento e disciplina dei suoi uomini, qualità che avrebbero permesso loro di affrontare qualsiasi nemico anche eseguendo con rapidità i loro compiti. A Cole, veterano e mutilato in battaglia, era ormai chiaro che il comandante non aveva partecipato che a poche e particolarmente fortunate azioni a viso aperto su terra, prima di imbarcarsi su una nave e cominciare la sua scalata gerarchica nella marina. Probabilmente la sua abilità nel combattimento spaziale era grande, a giudicare dalla carica che occupava, ma non poteva capire le esigenze e i problemi degli uomini di fanteria. Ora Raynold si augurava solamente che il resto degli ufficiali fosse in grado di imporre un piano diverso e più cauto…il solo pensiero della carneficina che si prospettava nella più cupa delle sue ipotesi lo spinse a sfregarsi il braccio meccanico.

Dopo alcune ore di discussioni, il piano d’abbordaggio prese forma. Non era certo un successo completo per Cole e la sua linea di pensiero (Barnyon aveva comunque l’ultima parola e si impose su più di un punto), ma ora perlomeno era stata stabilita l’erezione di un perimetro difensivo, squadre che tenessero sgombra e sicura un’area “campo base”, e sopratutto l’ampliamento degli effettivi che formavano le singole unità. Il pericolo di avere 10 uomini in esplorazione separati da chilometri rispetto ad altri commilitoni era stato scongiurato.

 

 

 

VI

*FZZZzzttzz*

Al, mi ricevi adesso?”

Tutto a posto, bambino..ti sento forte e chiaro.”

Per un attimo me la sono fatta sotto.. Senza il contatto radio mi sento nudo.”

Hahaha..se il solito coglione. Forza, basta perdersi in chiacchiere, abbiamo un lavoro da fare.”

Anche se dentro l’hulk il tempo non aveva molto senso, probabilmente alla loro base erano circa le 4 del pomeriggio. Un bel solicello splendeva sull’erbetta fresca e, se l’Imperatore guardava dalla loro parte, anche una leggera brezza stava spirando da est, proveniente dal mare.

Lo sbarco era avvenuto alcune ore prima. Il plotone aveva lasciato la baldanza sulla navetta da trasporto, e al momento dell’atterraggio la tensione era a livelli estremi. La navetta aveva dovuto far saltare il portellone di un hangar prima di penetrare al suo interno e ristabilire le sue condizioni atmosferiche con un campo di forza, ed immediatamente la squadra s’era lanciata ad armi spianate fuori dalle rampe, nervi a fior di pelle, pronti a falcidiare qualsiasi cosa avessero incontrato. Il loro compito, una volta constatata la praticabilità dell’hangar, era di piazzare i primi accenni di difese e sbarrare ogni ingresso allo stanzone. Erano stati mandati solo loro in quanto il campo di forza che li separava dallo spazio aperto aveva una portata limitata, e, mancando il modo di controllare l’apertura e la chiusura dei portelloni esterni dell’hulk, la breccia aperta con i missili consentiva il passaggio di una sola navetta alla volta. Nel momento in cui l’hangar fosse stato ripulito, altre due navette cariche di soldati sarebbero arrivate ed insieme questi tre plotoni avrebbero dovuto aprirsi un passaggio fino ai controlli dei generatori dell’hulk per di riattivarli, così da avere energia sufficiente da inserire i campi di forza ambientali principali, aprire i portelli di un hangar più grosso e permettere lo sbarco del resto delle forze.

Al momento nessuno di questi compiti era stato completato. Superata la paura iniziale, la squadra di Cole si era immediatamente messa all’opera, trainando velocemente delle piattaforme d’appoggio dotate di mitragliatore requiem e piazzandole a circa 20 metri dalle cinque porte corazzate che si aprivano sui muri dell’hangar. La mancanza di una resistenza immediata aveva fatto rilassare i componenti della squadra, che ora lavoravano tutto sommato allegramente, scherzando fra loro e maledicendo la situazione in cui erano: stavano lavorando sodo come al solito, non avevano fritto nessuno scarafaggio e per di più stavano respirando aria vecchia di chissà quanto.

La fusione delle placche di quattro delle cinque porte corazzate procedeva spedita. Nel giro di 10 minuti avrebbero potuto dare il via libera alle altre navette, e presto si sarebbero incamminati attraverso la porta rimanente verso il loro obiettivo.

Cole conosceva le sue truppe, e sapeva bene che l’apparente allegria che stavano sfoggiando in questi momenti era una maschera, ed un modo per calmarsi a vicenda. L’arrivo delle altre squadre avrebbe messo tutti un pò più a proprio agio..compreso se stesso.

“…cssht..qui unità tre, abbiamo completato la saldatura della porta sud ovest..comandante, ammesso che ci sia qualcosa qui sopra, sarà trattenuto per un bel pò da tutto questo plastacciaio.”

Ottimo lavoro unità tre, a rapporto alla porta nord est. Tutte le altre squadre, datevi una mossa. Più tempo passiamo da soli più restiamo esposti. Cole chiudo. Cssht..”

Il comandante aveva una strana sensazione. Era normale essere tesi in una situazione del genere, eppure sentiva dentro di se una premura particolare, una morsa allo stomaco che gli diceva di fare il più in fretta possibile e di far arrivare quelle maledette navette. Sarà perchè antica, troppo antica, ma c’era qualcosa nell’aria. Qualcosa di agghiacciante.

Squadra due a rapporto signore! L’ultima porta è stata sigillata.”

Ben fatto soldati. Infallibile, qui Cole. Confermo il completamento l’obiettivo 1/a. Procedete con l’inviare le due navette per il raggiungimeto dell’obiettivo 1/b, passo.”

Le navette sono già in viaggio, comandante. Abbiamo inserito la via consigliata per la sala controlli dei generatori nei vostri scanner. In ogni caso, avete l’intera planimetria del settore, nel caso quelle ostruzioni che abbiamo rilevato siano più d’impedimento del previsto. Mantenete un contatto radio costante. Barnyon, passo e chiudo.”

– . – . – . – . – . – . – . – . – . – . – . – . – . – . – . – . – . – . – . – . – . – . – . – . – . – . – .

I corridoi dell’hulk erano esattamente come Cole se li aspettava : dannatamente stretti e fastidiosamente intricati. Per rendere efficace l’avanzata verso la sala controlli, Cole era stato costretto ad individuare tre corridoi che corressero il più possibile paralleli fra loro e che si rigiungessero nei pressi dell’obiettivo. Naturalmente questo comportava distaccarsi dalla via designata dall’Infallibile, d’altra parte sulla nave non avevano avuto il giusto prospetto della degradazione che migliaia di anni avevano apportato ai corridoi : erano fatiscenti e pieni di detriti, ed in ogni caso era indispensabile per le teste di ponte fare attenzione ai propri passi per non incappare in qualche passerella danneggiata o altre trappole mortali di questo tipo.

La struttura dell’hulk pareva non avere alcun significato, doveva essere una raccolta di varie navi e relitti “fuse” da qualcuno o qualcosa. Alcuni corridoi si dipanavano per chilometri per poi rivelare un fondo cieco, mentre altri passaggi fondamentali erano incomprensibilmente stretti e disagevoli. Nonostante questo, le squadre procedevano prudenti ma spedite, ansiose di ricongiungersi col resto della forza. Il plotone di Cole occupava il passaggio centrale, quello che sarebbe arrivato direttamente alla sala controlli. Alla sua destra, dietro vari strati di muratura e plastacciaio, si districava il secondo plotone. Il suo compito era quello di superare di poco la sala controlli, passando a sud, e di tenere il suo lato est. Infine, il terzo plotone avanzava alla sinistra del sentiero centrale, quindi più in profondità nell’hulk rispetto agli altri, e avrebbe dovuto attestarsi sul lato nord della sala controlli. La distanza in linea d’aria che li separava dal gruppo centrale era maggiore rispetto al secondo plotone, ed essi erano sicuramentei i membri della spedizione più a rischio.

Durante tutta l’avanzata e fino a circa metà del percorso, il silenzio irreale dei freddi corridoi era rotto dalle costanti comunicazioni fra i plotoni e con la nave. Nonostante fosse stato un azzardo, l’idea di dividere i plotoni si stava rivelando efficace. Tuttavia, quando ormai stavano per raggiungere il chilometro d’avanzata, il terzo plotone cessò completamente le trasmissioni. I ragazzi della Guardia cominciarono a scambiarsi occhiate preoccupate, mentre Cole estendeva la portata del suo comunicatore al limite massimo, esaurendone in pochi minuti la batteria. Niente da fare, l’intero plotone sembrava essere sparito di botto. Impossibilitati, almeno per ora, ad eseguire una verifica ed eventualmente a cercare i loro compagni, Cole ordinò di continuare l’avanzata verso i sub-obiettivi designati.

La situazione psicologica delle truppe era decisamente diversa ora, le avanguardie erano estremamente tese ed avanzavno molto più velocemente, nel tentativo di raggiungere uno spazio più ampio di quei claustrofobici corridoi: lì erano come un topo in trappola.

All’improvviso, uno scoppio, potente, proveniente dalla destra.

Istintivamente tutto il plotone di Cole imbracciò il proprio fucile, quasi all’unisono, i soldati immobili all’ascolto in quella profonda oscurità spezzata dai loro faretti tattici da esplorazione.

“…cssht. Capo plotone due a Cole. Comandante, uno dei miei credeva di aver visto qualcosa muoversi e ha fatto fuoco con un lanciafiamme contro una cavità di un muro. Niente di grave, un cavo si era staccato per le vibrazioni dei nostri passi e stava penzolando, ma il calore ha fatto esplodere una bombola di qualche tipo. Signore, abbiamo i nervi a fior di pelle. Chiudo.”

Falso allarme. In ogni caso, fu come una prova generale. Nonostante l’inconveniente, il suo plotone aveva risposto in maniera fredda e disciplinata.. ora capiva perchè quei ragazzi erano stati scelti come testa di ponte.

Mancavano ancora poco più di duecento metri alla sala controlli. Il corridoio si faceva leggermente più largo ed in migliori condizioni: probabilmente era apprtenuto ad una nave più giovane o migliore. I due plotoni avanzavano ancora più velocemente ora che l’obiettivo era vicino, quasi correndo. I passi pesanti degli stivali ferrati rimbombavano contro le griglie d’acciaio e le tubature macilente, e strani, sinistri bagliori comparivano qua e là, riflessi delle lampade dei soldati su quelle parti di metallo consunto che marchiavano lo scorrimento delle porte corazzate nei loro alloggiamenti.

Mancava poco..così poco..!

Un profondo rimbombo investì i soldati in marcia. Ancora una volta, istintivamente, ognuno si bloccò nella sua posizione armi in pungo, le orecchie tese nel buio.

..chhst. ..i ..po plo..ne Tre. Sign.. abb..mo dov.. aprire una porta corazzata con una salva di razzi. Sappiamo che le comunicazioni erano interrotte, dev’esserci stato qualcosa nelle pareti e nei portelli che ha schermato il segnale.”

Felice di avervi ritrovati, sergente. Non nego che abbiamo pensato al peggio. Qual’è la vostra posizione attuale?”

Il grosso del plotone è a circa 400 metri dalla sala controlli. Dovremmo esserci a breve”

Ricevuto, sergente. Non siate avventati, noi siamo più avanti di voi di circa 200 metri. Raggiungeremo l’obiettivo e ci metteremo al lavoro, voi siate prudenti ma decisi. Ricordatevi che siete il plotone più esposto. Cole, chiudo.”

VII

..233, 232, 231..”

Il display del selettore principale della sala contolli lampeggiava con regolarità, scandendo il fluire del tempo. La cifra indicava i secondi rimanenti prima che le bobine al plasma raggiungessero la temperatura d’innesco ed i relè di sicurezza si sbloccassero, attivando i generatori dell’Hulk. Al Mondera aveva adempiuto in modo egregio al suo compito: lui e la sua squadra avevano rimesso in piedi i controlli dei generatori a fusione, li avevano interpretati e fatti funzionare. Ora fissava in modo maniacale quel display, senza distogliere un attimo lo sguardo. Temeva che se si fosse distratto il conto alla rovescia si sarebbe fermato, azzerato, impazzito. Non notò nemmeno l’omone che gli si stava avvicinando alle spalle , e trasalì visibilmente quando questi gli posò la mano sulla spalla.

Quanto manca, bellezza? Ci siamo quasi?” La voce profonda di Belladonna aveva un che di confortante..forse perchè la associava a quel gigante nero con in pungo armi sempre più grosse. “ Stare qui a sentire bip bip da un computer è fottutamente snervante.”

Sì uomo nero, mancano…189 secondi. Fai da solo il calcolo in minuti, sempre se tu ci riesca prima che il timer abbia finito.”

Maledetto nerd, quando scendiamo da sto coso ti infilo un fucile laser su per il..”

“…cssht. Plotone uno. Confermare lo stato dell’operazione, passo.”

Infallibile, mancano 178 secondi alla reinizializzazione della reazioni a fusione. Passo”

Appena l’energia sarà sufficiente, azionate i controlli ambientali e il portone dell’hangar NCC-1701. Una volta completato l’atterraggio delle nostre navette, riunitevi al grosso delle forze. Barnyon, chiudo.”

..96, 95, 94..”

..90, 89, 88..”

..81, 80, 79..”

Il contatto radio era molto rado adesso. Stavano tutti aspettando qualcosa. Attendere nel buio che dei numeri raggiungano lo zero era qualcosa di disturbante. Nonostante non avessero incontrato alcun tipo di resistenza fin ora, quella sensazione avvertita da Cole nell’hangar secondario, mentre approntavano le prime difese, ora era condivisa dalla maggioranza dei soldati. L’aria era pesante, era…cattiva. Si sentivano vibrazioni di una volontà assurdamente ostile. Fosse questo reale o solo il frutto dell’ansia, del buio, della soffocante claustrofobicità degli spazi in cui aspettavano era difficile stabilirlo. Di sicuro però, volevano andarsene di corsa.

..55, 54, 53..”

Meno di un minuto. Coraggio, dannato affare, non puoi andare più svelto? Rimpiango le allucinazioni del volkarn. Almeno sono colorate.

..23..22..21..”

Ok soldati, ci siamo quasi. Tutti all’erta.”

Fin’ora non è che ho giocato a scacchi”, fu il pensiero di molti, in varianti più o meno volgari.

..3,2,1.”

 

 

VIII

INDIETRO, INDIETRO! BELLADONNA, USA IL LANCIAFIAMME! IL LANCIAFIAMMEEEE!!! CHIUDETE LA PORTA, PRESTO! AVANTI MONDERA, FAI FUNZIONARE QUELL’ OVERRIDE”

Spari. Ovunque. E grida, umane. Di rabbia o d’agonia. Il rumore sordo della porta corazzata soffocò il crepitare straziato di un alieno catturato dalle fiamme e purificato per il peccato della sua esistenza. Era successo tutto così in fretta, sembrava quasi uno di quegli incubi in cui cerchi di scappare ma ti muovi sempre troppo lento, e alla fine ti svegli. Solo che questa volta non sarebbe servito a niente cercare di svegliarsi per sottrarsi alla morte.

Cercando di riprendere fiato e di concentrarsi per impartire nuovi ordini, Cole provò a ricostruire quello che era successo nelle ultime ore.

I generatori erano stati rittivati. Poco dopo i campi di forza ambientali erano a pieno regime e il portello dell’hangar NCC-1701 era spalancato. Nel giro di qualche minuto numerose navette da sbarco avevano completato il loro atterraggio e tutti i plotoni si erano riversati nell’hangar. Sotto il suo comando, i tre plotoni d’assalto erano tornati senza nessun intoppo insieme al grosso dei commilitoni, e poco dopo l’intera forza era già incanalata negli angusti corridoi dell’Hulk, in cerca dei preziosi artefatti che poteva contenere. Sembrava essere diventata una missione semplice, non c’era segno di nessun ostile e tutto sommato i pericoli della nave erano sotto controllo. Tuttavia, Cole continuava a percepire quell’occhio malvagio che lo scrutava, lo schiacciava. Inoltre, aveva notato una cosa, subito dopo che avevano riattivato i generatori. C’era stato un improvviso risucchio d’aria e una serie di rumori quasi impercettibili, come lo sbloccarsi di parti meccaniche in sequenza. Li avevano notati lui e pochi altri, perchè provenivano da lontano ed erano stati portati attraverso i tubi vicino ai quali era di guardia al momento dell’accensione. Nonstante potesse essere stato un normale effetto dell’attivazione dei generatori, quel suono e quel risucchio lo turbarono e lo spaventarono a fondo. Nondimeno queste impressioni erano sue personali e non si sarebbe permesso di intralciare la missione per così poco. Col senno di poi, però, si maledisse per non averne fatto parola con nessuno….

Comunicazioni, che novità dall’Infallibile? Qual’è la situazione degli altri plotoni, e quali sono gli ordini?”

Comandante, la situazione è pessima. Gli ordini sono di continuare con la missione, ma non vedo molte possibilità di successo. Il quaranta percento dei plotoni è stato completamente distrutto. Altri sei sono in rotta e stanno fuggendo verso le navette. Hanno chiuso ogni paratia dietro di sè nella loro fuga, e sperano che questo possa bastare a fermare le bestie.”

Va bene. Chiunque sia contrario alle disposizioni che sto per darvi, lo dica espressamente ora, sarà registrato. Ordino di ritirarci, riorganizzarci sull’Infallibile e decidere quindi il da farsi. Tenteremo di riunirci al trentaquatteresimo plotone durante la ritirata; comunicazioni, li contatti e li avverta. C’è qualche obiezione?”…. “Va bene, in marcia”…

La situazione era sfuggita di mano troppo velocemente. Troppo velocemente. Mentre i plotoni si stavano addentrando in profondità nell’Hulk Cole aveva potuto percepire distintamente la coscienza aliena. Poi arrivò alla sala d’incubazione. Inizilamente sembrava una stanza come tante altre, con apparecchiature tecnologiche che non aveva mai visto e di cui non desiderava approfondire la conoscenza. Le pareti erano tappezzate di grosse capsule di vetroplastica, con vari tubi che fuoriuscivano dalle sommità. Erano tutte vuote e nere, tranne una, sul soffitto, che emanava una vorticosa luce verde brillante. Si stava consultando con il suo primo ufficiale tattico riguardo la strada da percorrere quando, improvvisamente, uno della sua squadra si mise a gridare. Giurò di aver visto qualcosa muoversi all’interno del tubo. Inizialmente Cole pensò che fosse solo uno scherzo della tensione, ma poi, nel buio, sentì in lontananza qualcosa che gli raggelò il sangue.

Tlac…. Tlac….. Tlac…. Tlac….Tlac…Tlac..Tlac.Tlac.TLAC.TLAC.

La capsula di stasi si aprì di scatto, riversando liquido amniotico sul pavimento sottostante. Veloce di una velocità aliena ed innaturale, un essere sfrecciò dal soffitto alla parete, lanciandosi quindi contro uno dei soldati poco distante. Non avrebbe mai dimenticato il primo morto di quella giornata. Il caporale Richardo non fece nemmeno in tempo a sollevare il suo fucile laser. L’alieno gli si avventò contro con crudeli chele a tre punte, staccandogli di netto un braccio e trapassandolo all’altezza dell’intestino da parte a parte, prima ancora di sbatterlo a terra. Non ebbe nemmeno il tempo di gridare, l’essere lo puntò a terra con uno dei suoi zoccoli e gli frantumò il cranio stringedolo fra gli artigli micidiali. Erano sbalorditi dall’inconcepibile violenza che l’essere aveva scatenato loro contro, ma in un istante l’instinto di sopravvivenza prese il sopravvento e fecero tutti fuoco all’unisono, riuscendo a colpire la massiccia testa cuoiosa e nera della creatura e ad ucciderla. Avevano ancora tutti davanti agli occhi il modo in cui si era spostato sul soffitto, ed il terribile silenzio che lo accompagnava : non un grido di guerra, nè di odio, nè una preghiera. Si era semplicemente svegliato, ed il suo primo ed unico pensiero era stato quello di massacrarli tutti.

Finalmente Cole aveva capito che cos’erano stati quel suono e quel risucchio: l’attivazione del sistema di risveglio criogenico e lo sbloccaggio delle prime capsule. Erano riusciti a malapena ad ucciderne uno concentrando il loro intero fuoco, ed erano in una stanza piuttosto ampia. Non voleva pensare a ciò che queste creature sarebbero state in grado di fare negli stretti corridoi dell’hulk. Potevano spostarsi a velocità inumana grazie ai loro sei arti, e a giudicare dalla facilità con cui il loro primo incontro aveva spappolato il cranio di Richardo, erano molto, molto forti. Non conosceva questa razza, ma sicuramente non l’avrebbe mai dimenticata….

Mondera, sbrigati a sigillare quella porta. Dobbiamo muoverci ed incontrare il trentaquatteresimo plotone. Considerata la situazione, dubito che ci aspetteranno a lungo.”

In marcia, ancora. Le loro vite erano appese ad un filo, molti erano morti e qualcuno era al limite della pressione psicologica: il terrore folle che li pervadeva, l’ossessione di vederne uscire uno dal soffitto o scaraventarsi da dietro un angolo aveva spinto alcuni degli altri plotoni al suicidio. Altri, ma non loro. Loro erano il primo plotone, loro erano la testa di ponte. Sarebbero usciti da quel buco e poi lo avrebbero vaporizzato con tutti i missili che avevano. E se non fosse stato possibile, avrebbero aspettato una corazzata. E li avrebbero visti morire.

Eppure, persino nella morte, essi erano freddi e disgustosi. Non morivano come tutti, non gridavano, non davano soddisfazione: semplicemente correvano avanti massacrando unità intere, finchè un colpo perforava loro il carapace. Cadevano a terra, le chele che si contraevano febbrilmente negli ultimi spasmi di vita. Gli occhi bianchi e vitrei, morti come da vivi . Non un suono, non un gemito.

Paradossalmente, è possibile che siano stati fortunati. Se l’intero hulk era popolato di queste creature, dovevano essercene a migliaia, forse decine di migliaia. Probabilmente solo una piccola parte si era già risvegliata, ed i cicli di attivazione delle capsule dovevano essere piuttosto lunghi. Per questo non avevano incontrato ondate su ondati di esseri, ma ne facevano incontri ragionevolmente sporadici. Se fossero stati aggrediti da molti di loro contemporaneamente, sarebbero di certo morti tutti.

Comandante, siamo vicini al punto di randez-vous, ma non riesco a contattare il trentaquattresimo plotone.”

Non mi piace. So che non c’è bisogno di dirlo, ma massima prudenza. Il punto d’incontro è un grosso salone a pochi snodi da qui. É lungo trenta metri e largo sei. Appena arriviamo voglio che vi disponiate a ventaglio e stiate pronti. Coraggio soldati!”

Il punto di randez-vous era qualcosa di molto più orribile di quanto pronosticato. L’intero salone era ricoperto di pezzi di carne umana. Braccia, teste, budella, armi e brandelli d’uniforme, tutto era sparpagliato a terra coperto di sangue o di icore bluastra. L’odore dei liquidi rappresi era insostenibile. Era evidente che il plotone era stato annichilito, anche se avevano portato con se alcuni abomini e si erano difesi fino all’ultimo uomo. L’Imperatore avrebbe avuto pietà di loro.

A questo punto, la situazione si faceva ancora più disperata. In quest’area il plotone avrebbe dovuto essere in vantaggio rispetto agli alieni, a causa dello spazio relativamente aperto. Evidentemente erano aumentati di numero, o si erano coordinati in un attacco su più fronti. O entrambe le cose.

La risposta non tardò ad arrivare : il ticchettante rumore di molte zampe che artigliavano il metallo saliva di intensità da ogni apertura nel salone, e persino da dietro di loro, dal corridoio che avevano appena percorso. Erano caduti vittima della stessa imboscata, ed ora sarebbero tutti morti. In qualche modo, queste bestie li avevano messi in scacco, o forse era stata quella coscienza malvagia che era riuscito a percepire a condannarli. Non importava, ora non restava che massacrare quanta più feccia aliena possibile, non c’era più tempo per la paura o la disperazione, dovevano guadagnarsi un posto a fianco dell’Imperatore..

IX

Aveva fallito. Barnyon era un uomo orgoglioso, ma non stupido. La situazione era disperata. Pochissimi plotoni avevano fatto ritorno sulla nave, c’erano brecce lungo tutto il perimetro difensivo e l’hangar principale era sotto attacco. Aveva ordinato già da decine di minuti la ritirata, ma quella struttura era una trappola perfetta, non si riusciva ad uscirne facilmente, specie con alle calcagna quegli abomini neri e gialli. La cosa più inquietante era che dai rapporti che aveva ricevuto sembrava che quegli esseri si stessero organizzando in maniera efficiente nei loro attacchi. Prima che il suo plotone fosse fatto a pezzi, Cole aveva trasmesso le sue ipotesi su una mente collettiva, un punto focale dei pensieri degli alieni. Barnyon sapeva che Cole era nel giusto, perchè conosceva la minaccia che stava affrontando: Genestealer. Da qualche parte, in profondità nel relitto, dovevano esserci il Patriarca ed il suo seguito di Magi. Rabbrividì pensando al rigonfio orrore alieno e alla minaccia che rappresentava per l’Imperium. Presto, comunque, si sarebbe preso cura di lui. Il relitto spaziale non era poi così vasto, se n’erano visti di immensamente più grandi sparsi nello spazio, mentre questo era di dimensioni sufficienti ad essere distrutto dalle armi della sua Infallibile. Una volta che tutti i superstiti della spedizione fossero tornati indietro, avrebbe scatenato la giusta furia dell’Imperatore Immortale contro quella genia di odiose aberrazioni, e li avrebbe distrutti. Li avrebbe perseguitati uno ad uno se necessario, li avrebbe schiacciati nel suo pugno ed avrebbe vendicato tutti quegli uomini che avevano sacrificato la loro vita.

Finalmente l’ultima navetta raggiunse lo scafo Imperiale. Era stata una fortuna che fosse riuscita a lasciare l’Hulk, ormai gli Stealer formicolavano nell’hangar, sciamando come fanno le vespe quando un bambino curioso tocca il loro nido.. vespe che potevano fare a pezzi l’acciaio e uccidere decine di uomini in una manciata di secondi.

Numerosi squarci d’artigli segnavano la livrea del piccolo trasporto , insieme a vaste macchie di liquido violaceo e fori di laser. Come per le ultime navette, alcuni alieni erano ancora artigliati al metallo dello scafo. Nemmeno lo spazio aperto era riuscito ad ucciderli. Non importava : nell’hangar dell’Infallibile avrebbero incontrato il loro destino, e l’avrebbero fatto quando il loro corpo insettoide fosse stato fatto a pezzi dagli scoppi dei razzetti corazzati dei bolter imperiali.

Barnyon potè guardare per l’ultima volta quel campo di battaglia. Diede l’ordine di armare tutti i missili della sua nave e di puntare le cannoniere. Presto il relitto sarebbe stato ridotto in polvere.

FUOCO!”

Una spaventosa salva lasciò gli alloggiamenti dell’Infallibile e si diresse verso la pelle butterata e coriacea dell’abominio spaziale. Nonostante i siluri viaggiassero a gran velocità nel vuoto siderale, agli occhi dell’equipaggio sembravano incredibilmente lenti. Mancavano ancora solo pochi chilometri all’impatto, quando accadde qualcosa di imprevisto : il profilo dell’Hulk ebbe un breve sussulto, quindi l’intera struttura divenne traslucida. Sembrava di ammirare una versione contemporanea delle antichissime navi fantasma. Le torpedini raggiunsero il loro obiettivo, ma al posto di esplodere continuarono la loro corsa come se nulla fosse, ed in poco tempo uscirono dal lato opposto.

In plancia, l’unico rumore era quello del ticchettare fenetico delle tastiere, ogni ingegnere era al lavoro per capire cos’era successo, mentre Barnyon era rimasto senza parole. Non poteva permettersi di fallire anche in questo. Ripresosi dallo shock, ordinò un altra salva. Il risultato fu lo stesso. Provarono coi cannoni, ma niente. Tentarono di intervallare in ogni modo possibile le scariche per cercare di prevenire il fenomeno, ma nemmeno i laser erano abbastanza veloci da riuscire nell’intento. Il capitano decise di sospendere il fuoco e di studiare minuziosamente tutti i dati raccolti, per cercare di venire a capo del dilemma. Lo zelo dei suoi sottoposti portò nel giro di alcune ore ad una conclusione sconcertante : l’analisi delle radiazioni emesse dall’hulk all’attivazione del “processo traslucido” fece intuire agli imperiali che doveva essere presente un congegno tecnologico estremamente avanzato all’interno del relitto. Forse l’intero Hulk era il congegno. Una sorta di oscillatore di fase, che faceva “vibrare” l’Hulk tra diversi strati di realtà ad altissima velocità, rendendolo non consistente, ma sempe presente. Il campo si estendeva anche a qualsiasi cosa all’interno della struttura, ma gli oggetti che provenivano dall’esterno entravano in un ciclo di fase differente e quindi, pur subendo lo stesso processo, non entravano mai in contatto con l’hulk. E sebbene esso non avesse armi, era ipotizzabile che se si fosse spostato in fase sopra l’Infallibile e poi ri fosse rimaterializzzato, l’avrebbe certamente distrutta. Bisognava fronteggiare la minaccia in un altro modo, bisognava penetrare nel relitto e distruggerlo dall’interno, o per lo meno incapacitarne la funzionalità fasante. Considerata la mortale infestazione aliena, non era possibile tentare di recuperarne integra la tecnologia.

Ora che sapeva cosa stava affrontando, Barnyon si rese conto che non avrebbe potuto farcela da solo, e che avrebbe dovuto abbandonare il campo in attesa di rinforzi. Era il momento di chiamare i difensori, era il momento degli Space Marines.

 

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