Un episodio classico di questa campagna, che masterizzai anni fa. Una campagna low-fantasy, dove lo straordinario è davvero straordinario, con personaggi di livello basso (3-5). Il gruppo ha bisogno di trovare una barra di Irentizen, la rarissima resina di un albero che cresce in terre remote e tropicali, a sud. Per farlo, tenterà un colpo al più grande Emporio Alchimistico della citta, “L’Oro Verde”.
Sono costretti in questa ricerca dall’influenza sottile di un incantesimo, operato su alcuni dei membri della compagnia da un drago di verde: il gruppo penetrò nella sua tana per ucciderlo e rubarne le ricchezze, sottovalutando non di poco la sfida. Uno dei compagni è attualmente pietrificato in mezzo al tesoro del drago, pronto ad essere distrutto. Gli altri furono resi inoffensivi, furono sottoposti ad un incantesimo di Suggestion, ed ora sono in missione per conto del drago stesso, che ha bisogno di alcuni ingredienti alchemici per scopi a loro sconosciuti.
Nei loro peregrinaggi sono finiti nella città di Osterbrichte, borgo solcato da un fiume ed un tempo dominato dalla nobiltà militare, ma ora in mano a giochi di potere fra compagnie mercantili e cartelli criminali.
Sono già da tempo in città, e grazie al paladino del gruppo hanno trovato alloggio nelle stanze di una chiesa monastica. Ed è qui che prendono forma i loro piani…
02 / 12 / 04, Inizio Estate 1312
Attraverso la gilda, abbiamo spedito il piccione, un piccione solo a 10mo, che probabilmente non arriverà a destinazione. Più importante, abbiamo anche saputo che le carovane arrivano qui a Osterbrichte a flusso continuo, ma via nave e sempre ben protette. Abbiamo scartato l’idea di assaltarne una: al di là del pericolo, non sapremmo dove esattamente cercare l’Irentizen.
Abbiamo preso la nostra decisione: cercheremo di fare un colpo all’Oro Verde, l’emporio alchemico più grande della Compagnia del Golfo. Andremo verso l’ora di chiusura.
Il piano è di entrare verso le 7 di sera; Dag si spaccerà per un mercante, interessato all’acquisto di Irentizen ed altri oggetti. Io mi fingerò il suo esperto personale di alchimia. Riuscendo a distrarre con una scusa o con l’aiuto della magia il commesso, Dag potrà iniziare a trafugare la merce, ricevere all’ultimo momento l’incantesimo di invisibilità, ed uscire dall’edificio.
Sembrava tutto troppo ottimistico, ed abbiamo discusso molto sui dettagli dell’operazione. Tallium in particolare, scopa in …. che non è altro, s’è rifiutato di dover poi fuggire dalla città come un ladro, nel caso fossimo scoperti. Ci disconoscerà.
Sarà necessario decidere sul momento il da farsi e improvvisare di fronte alla reale situazione. Una volta trafugata la merce comunque l’idea è quella di rifugiarsi immediatamente nelle nostre logge qui alla chiesa, luogo probabilmente inviolabile.
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Giunte le 7 di sera, puntuali di puntualità nervosa, abbiamo fatto il nostro ingresso all’Oro Verde. Dentro, al piano di sotto, almeno tre avventori. Forse altri nascosti dagli scaffali. Dietro al bancone c’erano un commesso e una commessa. Dag s’è finto un giovane rampollo di una famiglia mercantile, e m’ha chiesto ad alta voce, girovagando davanti a loro, consigli vari su qualche possibile opera alchemica da sperimentare.
“Ci serviranno certo oggetti molto rari”, “Oh certo, rarissimi!”.
Mi sono rivolto al commesso, spacciandomi per Ravil, assistente del giovane lord Gavin Wolfcastle. Dag ha lasciato parlare me, data la mia familiarità con la materia.
Esposti i nostri intenti (non ultimo, quello del profitto per sintesi alchemica), siamo stati accompagnati dalla ragazza su per le scale, dove siamo stati ricevuti da un ulteriore valletto. Il piano superiore, adibito a libreria, era vuoto.
Il reparto rarità era una stanza dal soffitto leggermente più basso e dalla costruzione delle pareti diversa da quella del resto dell’edificio. All’interno, a forma di ferro di cavallo lungo i muri, erano visibili una serie di scaffalature ed espositori concentrici. Quelle laterali erano foderate di cassetti con serratura, la parte curva in fondo alla stanza ospitava, appoggiati, gli oggetti più grossi. Tutto era disposto come nella “sala bella” di una vecchia signora; la stanza stessa, coperta da un pregiato tappeto, aveva le tipiche sembianze di un’ideale e magnifica camera del tesoro. Era inoltre priva di finestre, illuminata da oggetti fluorescenti appesi alle pareti, che emanavano una brillante luce diurna.
Abbiamo espresso la richiesta di vedere un Prisma di ottima fattura, e delle Sfere di Roccia Elastica, e naturalmente dell’Irentizen, il nostro vero obiettivo.
Il valletto ci ha lasciato sulla porta e s’è avviato prima verso il fondo, dove ha raccattato una ciotolina, poi sia a destra che a sinistra. Ha operato una delle serrature in qualche modo, coprendosi col corpo ed una mano, aprendo il piccolo cassettoforte che gli stava innanzi. Ha cominciato a portarci due dei tre oggetti. Uno era una specie di coppetta d’oro piena di biglie. Le Sfere Elastiche avevano un costo di 500mo l’una. Nell’altra mano teneva un Prisma mirabile, con inserti d’oro a mo di piccole maniglie. lo teneva con un panno purpureo, ed il suo costo era di 3000mo.
Riposti gli oggetti nei loro ricoveri, s’è spostato verso un’ulteriore cassettoforte, aprendolo come prima in segreto, ed estraendo con lo stesso panno un blocchetto grigio scuro e opaco. Ce l’ha proposto come blocchetto di resina di Irentizen proveniente dalle isole del sud, era piccolo e visibilmente pesante. Il pezzo proposto era da 5kg. Abbiamo chiesto di prenderla in mano per esaminarla, ed il valletto s’è dimostrato accondiscendente.
Alla richiesta di mostrare un blocchetto da 10kg, tuttavia, il ragazzo ha opposto rifiuto: il campione da 5kg, prima dell’acquisto, è l’unico mostrabile “per politica dell’emporio”. Ci ha quindi invitato a prendere quanto tempo volessimo per decidere, accomodandoci per discutere, se volevamo, nel negozio o nella biblioteca.
Nel momento in cui s’è rigirato per rimettere a posto il blocchetto m’è venuto l’impulso di accostarmi a lui e mettergli una mano sulla bocca, ma stringendo il legno della mia stampella ho dovuto abbandonare quel pensiero.
La discussione fra me e Dag ha riguardato naturalmente il modo in cui agire per il colpo. L’idea iniziale è stata di materializzare, attraverso un mio incantesimo di illusione, l’immagine di una borsa piena d’oro nella mano di Dag, per corrompere o convincere il valletto a mostrare il blocco da 10kg. Prima di utilizzare l’incantesimo però ho caldeggiato un’ulteriore richiesta di mostrare il blocco stesso.
L’interruzione del giovane per avvertirci dell’imminente chiusura dell’Oro Verde è stata l’occasione di chiedere nuovamente il blocchetto; richiesta rifiutata ancora una volta. Mi sono ritirato con leggera stizza a confabulare nuovamente con Dag, nascosti alla sua vista. Ne abbiamo approfittato per lanciare l’incantesimo e creare l’immagine di una borsa colma di monete di platino.
E’ stata la prima volta in cui ho castato questo incantesimo. Mantenere la concentrazione e contemporaneamente deambulare con la stampella s’è dimostrato proibitivamente impegnativo. Inoltre non riuscivo che a parlare passivamente, senza poter comporre pensieri complessi: per questo Dag è andato da solo, con la borsa in mano, nella stanzetta.
“Forse questo potrà farti cambiare idea”, protendendo la borsa colma di platino. Il valletto l’ha adocchiata un attimo e poi “oh… sì… sì, effettivamente sì. Vedo che le vostre disponibilità sono davvero ampie…”. Ha chiesto a Dag dove fossi io, e la risposta del mio compagno è stata che quando c’entrano i soldi “veri” (ah, l’ironia!), preferisce essere da solo.
Dag era pronto a tramortirlo nel momento in cui avesse tirato fuori il blocchetto. Il valletto s’è portato allo stesso cassettoforte di prima, s’è chinato mascherandosi per azionare la serratura, ha aperto lo sportellino ed estratto col fazzoletto purpureo il blocco di Irentizen.
La sorte, si sa, è meretrice, e la pressione del momento traditrice.
Dag ha tentato un gesto di destrezza per portarsi alle sue spalle e mettergli rapido una mano sulla bocca, ma è inciampato pacchianamente, sbattendo un piede contro una scaffalatura e provocando un rumore sordo coronato da un acceso tintinnìo.
Il valletto s’è girato all’istante. Il mio compagno, sbilanciato a metà della stanza e proteso verso di lui, ha accennato un “mi scusi, ho perso l’equilibrio”. Ma il valletto aveva già dipinta in viso un’espressione sbigottita di terrore.
Dag s’è fiondato su di lui cercando di fargli una mossa per metterlo a terra. L’ha schiacciato, ma in quel momento il gracile servitore ha emesso un grido, cercando di divincolarsi. S’è rialzato presto, sfuggendo alla stretta di Dag e rimanendo chiuso nella parte posteriore della stanza. La collutazione intanto metteva a rischio tutti i delicati e preziosi tesori intorno. L’Irentizen era per terra di fianco a Dag, mentre il valletto gridava al ladro con ansia crescente.
Sono intervenuto “di corsa”, e l’ho addormentato con l’incantesimo del Sonno. Dag ha preso la resina, l’ha intascata. Poi è corso alla finestra che dà sul lato dell’edificio, e l’ha spaccata con un pugno. Io ho cominciato a correre affannosamente con la stampella verso di lui, temendo fuggisse senza di me. Maledico la mia menomazione.
Dag in realtà voleva far credere alle guardie che un ladro avesse fatto irruzione e fosse scappato, mentre noi nel frattempo ci saremmo nascosti. Ma mentre raggiungevo la finestra è comparso dalle scale il commesso del piano sottostante: appena visto Dag di fianco alla finestra rotta ha cacciato un urlo ed è scappato…
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Dag ha aperto la finestra, cercando di scendere giù nel carruggio, ma è scivolato goffamente ed è caduto con un tonfo sonoro. Io ho castato Invisibilità, e mi sono posto nei pressi delle scaffalature di libri, vicino alla rampa di scale. Ero solo, invisibile, relegato alla mia stampella, in quello che a breve sarebbe diventato un vespaio di vespe armate di spada.
Abbiamo sentito risuonare all’interno dell’edificio un forte squillo. Scoprirò più tardi che Dag s’è liberato dei travestimenti ed è riuscito a recarsi alla chiesa senza, apparentemente, dare nell’occhio. Nel frattempo io arrancavo invisibile sulla mia stampella cercando di fare il minor rumore possibile per fuggire dall’Emporio.
Poco dopo lo squillo la porta chiusa del piano superiore s’è spalancata e ne sono fuoriusciti tre armati, che si sono diretti di corsa verso la finestra rotta da Dag. Uno dei tre è rimasto alla finestra, mentre quello che a giudicare dall’armamento e dal piglio autoritario doveva essere il capo s’è fiondato di sotto insieme al secondo. Era armato di corazza di piastre, elmo e spadone a due mani. Da invisibile ho lasciato che sfilassero per poi cominciare lentamente a strisciare giù per le scale.
I due si sono fiondati a spron battuto di sotto, ed hanno subito conferito con l’inserviente del bancone. Ho sentito sbraitare un paio di ordini, quindi il capo dev’essersi gettato all’inseguimento di Dag, secondo quanto apprenderò poche decine di secondi dopo dalla voce di uno dei sottoposti.
Quando ho raggiunto vista sul piano terra, l’inserviente fremeva, mentre i due militi si guardavano intorno controllando qua e là. La porta era spalancata.
Nel lasso di tempo in cui discendevo penosamente le scale ha fatto irruzione un altro contingente di combattenti, stavolta piuttosto numeroso. Erano otto, armati in vario modo, pesantemente.
L’inserviente, quasi nel panico, ha descritto l’accaduto al capitano del drappello, mentre alcuni degli armati si sparpagliavano al primo piano dell’emporio in ispezione, ed altri uscivano all’esterno dell’edificio. Ho deciso di non attendere e continuare a scendere dalle scale.
Nello stesso momento Dag raggiungeva Durlag nelle nostre stanze della chiesa, e cominciava a discutere una strategia per venirmi in aiuto.
Stavo per raggiungere il pavimento del piano terra quando il capitano ed un altro armato, vestito di una cotta d’arme recante un simbolo sacro della città, mi hanno sfiorato lanciandosi di sopra. Ho rischiato di essere scoperto, nel momento in cui un lembo del mantello del secondo mi ha colpito, ma è andato tutto liscio. A questo punto sono riuscito a portarmi all’uscita dell’emporio zoppicando con la stampella, nonostante alcuni momenti in cui le assi del pavimento, cigolando, hanno rischiato di farmi scoprire. Fortunatamente i militi rimasti all’interno non erano particolarmente svegli.
Nel frattempo Dag usciva dalla chiesa con una coperta stracciata nello zaino, pronto a farmi camuffare da mendicante.
Dimenticavo d’annotare che tutti gli armati del drappello arrivato all’Oro Verde esibivano in qualche punto della loro figura uno stesso simbolo : un guanto d’arme che stringe un fascio di cinque spighe.
Mi sono affacciato finalmente all’esterno dell’edificio. C’era un armato con balestra che si guardava intorno, e alcuni abitanti di Osterbrichte camminavano lungo il corso. Il sole morente trapassava la mia schiena invisibile mentre gli voltavo le spalle e mi dirigevo oltre il vicolo in cui s’era lanciato Dag, verso un altro carruggio laterale.
Sono giunto ad un ampio e tranquillo cortile, all’estremità del quale ho scorto con somma gioia Dag. Ancora invisibile, mi sbatte contro. Ci siamo rapidamente ragguagliati sulla situazione, e mi sono vestito della coperta per il mio camuffamento. Mi sono acquattato nel cortile aspettando la fine dell’incantesimo, ed una volta riapparso, coprendomi con la coperta alla bell’e meglio, ho seguito mentre Dag apriva la strada. C’è stata un’occasione in cui ho dovuto simulare d’essere un mendicante, ma il ritorno è filato sostanzialmente liscio.
E finalmente, dopo questa la buona dose di terrore quotidiano, abbiamo fatto ingresso in stanza all’incirca alle 8 e un quarto di sera. Eravamo vivi, ed avevamo l’Irentizen.
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