Il “Diario di Vairal” è un lunghissimo scritto di centinaia di pagine che narra le vicissitudini di una compagnia di amici e avventurieri. Quella dell’ “Isola di Shabarat” non è che una delle avventure vissute dalla compagnia, un capitolo autoconclusivo inserito nel più ampio quadro della narrazione.
In attesa della revisione definitiva di questo racconto lungo, o romanzo corto, ve ne presento un piccolo assaggio.
Vairal è un personaggio della compagnia per cui ho masterizzato per anni, un mago cinico e sfortunato che tende a scivolare nella malvagità perchè troppo messo alla prova dal destino. E perchè un po’ je piace.
“L’isola di Shabarat” è un’avventura ideata e masterizzata da un mio amico, Lollo. Sua è l’avventura, del gruppo intero la storia, mia la “letterarizzazione”. Presenterò in un altro post i personaggi della compagnia.
Per ora basti questo test, questa intro. Tutto il racconto è in forma diaristica, come pure lo sono tutti resoconti che io abbia mai fatto di AD&D, e di conseguenza tutti gli scritti che ho prodotto a riguardo.
Questo excerpt narra del momento in cui ai personaggi viene offerto l’incarico di viaggiare verso Sud per risolvere un mistero, l’inizio dell’avventura.
6 – 16 – 06, Tarda Estate 1312
Sorprese. Questa mattina è arrivato un messaggio per noi, da parte non si sa bene di chi. Ci comunicava che dovevamo presentarci a Rack Palace a mezzogiorno. C’era persino indicata una parola d’ordine, da comunicare al portone. Tallium ha esaminato la firma che vergava il messaggio: una “H” dalla costruzione vagamente serpentina. Abbiamo immaginato fosse da parte delle Serpi Assassine, l’altro cartello di maggior potere downtown. Una rapida puntata ai Rapti ha confermato la nostra supposizione, e la posizione precisa del palazzo all’interno dell’Antico Quartiere.
Dopo un rapido sopralluogo, ci siamo riuniti e ci siamo presentati in gruppo alle porte dell’edificio. Come da istruzioni, alla porta ho detto “12 h”, ed una delle pesanti ante in legno è stata cigolante dischiusa.
Siamo entrati. Innanzi a noi un enorme atrio lussuoso e veneziano, scintillante di bianco e d’oro, con trofei, quadri, oggetti d’arredamento ricchi e sfarzosi, e un percepibile senso d’ostentatione. In fondo due scalinate curve che davano su altrettanti corridoi a vista al primo piano, uno a destra ed uno a sinistra dell’androne, delimitati da ringhiere barocche e scanditi da numerose porte.
Veniamo accolti da uno storpio, Saaladat, che ci ha condotto amabilmente fino alle logge private di Hans lo Scaltro, il capo delle Serpi Assassine.
Entriamo. La stanza era lussuosa ma non pacchiana; silenziosa, spaziosa, rischiarata dalla sola luce naturale che filtrava attraverso una grossa vetrata gotica in fondo alla stanza.
Illuminata dalla luce variopinta, una poltrona. Vi sedeva un uomo. E di fronte all’uomo, le cui fattezze ancora non potevamo cogliere poichè controluce rispetto alla finestra, un divano a mezzaluna.
Ci siamo seduti, ed abbiamo cominciato a parlare.
Hans lo Scaltro non si perde in giri di parole. Lo sfondo della faccenda per cui siamo ora a colloquio è l’espansione della sua gilda. C’è, a sud del Golfo, un’isola più o meno vergine, la cui popolazione è dedita alla spiritualità, coltiva erbe e produce balsami e preparati. Hans è interessato a tutto questo, nella forma di monopolio del flusso commerciale proveniente da questa terra.
Mentre parlava, tenevamo ben presente – o almeno, io tenevo ben presente.. per quanto gli voglia bene, non penso che Durlag abbia capacità di altrettanto spirito critico – che un uomo del genere non avrebbe detto tutto a gente come noi, ed era pressoché ovvio che alla questione eran correlate retrofaccende e controinteressi che neanche potevamo immaginare. Stavamo comunque ad ascoltarlo.
Hans prosegue narrando di come avesse già mandato un suo emissario su quest’isola. L’isola di Shabarath. Costui non aveva mai fatto ritorno, né mai nessuna sua notizia aveva raggiunto Rack Palace. Era tornato solo uno dei suoi compagni di spedizione, in preoccupanti condizioni di salute mentale.
Scorrevano i minuti, la voce del capogilda era decisa e quasi ipnotica, gradevolissima d’ascoltare. Eravamo incantati. Gesticolava poco, ma il suo sguardo era molto eloquente e comunicativo. E difatti, una semplice occhiata furba ed Hans dà una svolta al tono discorso, ricordandoci che, “d’altronde”, era forse opportuno da parte nostra abbandonare temporaneamente la regione, se erano vere le notizie che correvano sui recenti avvenimenti di Sambiath..se era vero che eravamo gli elementi chiave della capitolazione del culto di Sothoth e del Ratto Cornuto, e della congiura che faceva capo al Barone dell’Aguglia Nera..
Ci propone un’avventura di ricerca. Andare per suo conto ad accertarsi dello status quo dell’isola, e capire cosa possa essere successo durante la spedizione precedente, quale il fato dei suoi membri. Non si fida appieno degli interni e comunque non vuole mettere in gioco altri suoi diretti sottoposti. E naturalmente non può abbandonare in prima persona Osterbrichte per rischiare la vita in giargialandia.
Da parte sua, mette sul piatto dell’offerta l’appoggio contro la Baronia. Non è affatto tranquillo riguardo al sensibile rafforzamento dell’influenza dell’Aguglia Nera ovunque nella regione, e lo turbano i suoi metodi d’espansione da organizzazione tentacolare, il mettere suoi affiliati in posizioni chiave trasversalmente rispetto alla società, da istituzioni e direttivi al droghiere sotto casa. D’altra parte, Hans sa che sta per scoppiare una guerra, e sa noi da che parte stiamo. Sa anche, in parte grazie a suoi propri agganci nella Baronia stessa, che fedeli del Barone e suoi ammiratori sanno dove orbitiamo, chi siamo personalmente, e ci odiano. Sarebbe meglio sparire per un po’.
La nostra permanenza a Sambiath era stata così intensa. Non avevamo avuto tregua per settimane. Gli ultimi giorni, poi, erano stati quasi soverchianti, sia dal punto di vista fisico che emotivo. Dopo il terremoto, dopo il nostro riposo, dopo il torneo… non avevamo ben realizzato un dopo. Non pensavamo alle conseguenze, avevamo bisogno di svago mentale. O almeno io. Le parole di Hans non ci hanno sorpreso, certo, ma hanno avuto un effetto freddo sulla mia spina dorsale: sapevo che quello che diceva era vero, in prima persona avevo per qualche istante, di tanto in tanto, aleggiato sulla prospettiva di lasciare la regione.. ma che un importante capogilda ce lo dicesse così ci riportava ad una realtà non più di semplice festa. Non che importasse, tutto sommato: ormai la nostra vita era l’avventura.
Io e gli altri ci scambiavamo sguardi silenziosi, guardandoci un pò tutti a turno, e prima che potessimo seriamente organizzare una risposta, Hans ha ancora una volta rediretto abilmente il discorso. Ci ha parlato del valletto dell’Oro Verde che ci stava servendo quando abbiamo fatto il colpo. Era stato ricompensato a dovere: con tutta probabilità non era morto, o imprigionato, ma era per le strade a fare lavori sporchi per poter ripagare il suo debito verso la Compagnia. Di solito queste storiacce terminano con la morte violenta del soggetto in mezzo alla strada, o in una pessima fine in mano alle autorità. Tallium, in pieno clichè, ha chiesto ad Hans che alla sua offerta fosse aggiunto il salvataggio di questo valletto, che fosse trovato e tolto dai guai, per raddrizzare un po’ le cose.
Hans ha accettato, inoltre ha aggiunto che se dovessimo decidere di servirlo, e riuscissimo a ritrovare il capo della spedizione precedente e a riportarlo indietro vivo, qualora ancor vivesse, al ritorno avrebbe elargito noi un favore personale ciascuno, a nostra scelta. E ancora, ci avrebbe dato anche appoggio diretto contro i Figli di Judas, cosa che in Osterbrichte può risultare molto utile, sebbene ad oggi il nostro gruppo non abbia mai avuto relazioni dirette con quel cartello.. cosa che, comunque, sarebbe potuta cambiare presto, considerando la questione dei due fratelli Anselericht rapiti. Si sarebbe potuto fare un’opera buona e salvarli. Hans ci ha consigliato di intervenire: salvando i due fratelli avremmo sicuramente ottenuto la riconoscenza anche di un casato nobiliare, cosa di cui non si ha mai la borsa troppo piena. E poi, era un’opera buona..
La forza d’eloquio di Hans era potente, e convicenti i suoi argomenti. Sebbene non ci fossimo ancora espressi in maniera definitiva, era chiaro che propendevamo per accettare la sua proposta, bramosi di visitare una terra lontana, far perdere per un po’ le nostre tracce, possibilmente guadagnarci di brutto. Le Serpi inoltre avevano una solida fama di “ladri gentiluomini”, una sorta di nobiltà nel crimine. Persino Tallium riusciva ad andare oltre al semplice muro morale che prestare aiuto ad un capo gilda rappresentava, considerando con realismo la situazione politica e sociale della città: una situazione di vasta estensione delle attività illecite, che de facto controllavano una cospicua fetta della società di Osterbrichte. Aiutare un’organizzazione tutto sommato ancora legata all’onore e a principi di virtù, per quanto diluiti, poteva forse favorire una politica di prevenzione del danno, e di diminuzione di organizzazioni ed elementi più caotici o senza scrupoli. E d’altra parte, se a me moralmente non importava nulla, e anzi mi piaceva l’idea di viaggiare lontano per qualche tempo ora che avevo di nuovo entrambi i piedi, i ladri del gruppo vivevano quest’incontro come un’ottima opportunità per legarsi ad una gilda maggiore, e alzare cash nel frattempo.
Avevamo preso la nostra decisione.
Hans si è alzato, ci ha invitato ad uscire dalla stanza, e siamo stati condotti da Saaladat verso una stanzetta isolata per incontrare l’unico superstite della spedizione. Un uomo sui quarant’anni, stava rannicchiato su di un lettuccio, all’apparenza comodo ma sfatto, le ginocchia al petto. La stanza era sgombra e pulita, le pareti coperte di teli azzurro pallido in tinta unita, per il massimo riposo mentale. Traumatizzato, lo sguardo fisso, il reduce continuava a blaterare e litaneggiare in una lingua incomprensibile. L’ho ascoltato con molta attenzione per interi minuti, e ritengo che possa essere un antico dialetto del ceppo linguistico del sud ovest, di cui comunque non ho che tenui rudimenti.
Abbiam provato a sottoporre l’uomo ad alcuni incantesimi, per scioglierlo dalla sua condizione o per lo meno capirci qualcosa. Protezione dal Male non ha avuto alcun effetto. Dispell ha suscitato una reazione che farebbe ipotizzare un incantesimo attivo, ma non è riuscito a spezzarlo. Litany di Tallium è riuscita per un attimo ad interferire, e s’è in un certo senso sintonizzata in consonanza con ciò che il poveraccio aveva in testa, ma senza poterne interrompere l’effetto. Nella sua mente comunque doveva essere in opera un incantamento similare.
E’ stato infine un mio Suggestion, incantesimo di una certa potenza, a riuscire a soffocare per un attimo il vortice di grida che rapisce la mente del misero. Ha spalancato gli occhi, pieni di sottomissione e terrore, ed ha sussurrato tremante: “No, non lo farò più”, per poi ricadere subito nel suo stato di perdita.
Abbiamo deciso di tornare quando avessimo avuto più incantesimi disponibili, per un nuovo tentativo.
Il mistero della condizione mentale del sopravvissuto ha ulteriormente stuzzicato il nostro senso d’avventura. Tornati nella stanza di Hans, quest’ultimo ha risposto ad alcune nostre domande sull’aspetto più materiale e logistico dell’operazione. L’isola è di conformazione tropical-vulcanica, con quattro villaggi dagli abitanti solitamente pacifici. C’è anche un porto, attraverso il quale avvengono gli scambi commerciali. Nella parte rilevata e montuosa dell’isola dovrebbe esser possibile vedere costruzioni peculiari o antiche, rovine. Non si sa se il vulcano stesso sai attualmente attivo, comunque non dovrebbe. Navigheremo con un battello fino alla foce del fiume Ost; lì, nel porto di scalo, ci imbarcheremo per l’isola. Forse verrà con noi un drappello di supporto, che presidierà i moli sull’isola custodendo ciò che vorremo lasciare sull’imabrcazione, tenendo pronta la nave stessa e, forse, rimanendo disponibile come extrema ratio armata.
S’era percepito dal tenore dell’intero incontro con Hans che il capogilda aveva molta stima di noi, ed era positivamente impressionato, addirittura lieto e soddisfatto, per ciò che avevamo compiuto di recente. Che fosse maschera o realtà, calzava perfettamente i panni del grande ladro gentiluomo. Non aveva urgenza, ed ha confermato la disponibilità a lasciarci del tempo per finire di sbrigare i nostri affari in città e prepararci. E noi, a parte faccende più di routine, naturalmente avevamo intenzione di andare a pestare un po’ i piedi ai Figli di Judas, e recuperare i fratelli Anselericht.
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